Του Bruno Traclò
Δημοσιεύθηκε την Κυριακή 19 Μαΐου 2019
στην εφημερίδα QUOTIDIANO DEL SUD – Η ΚΑΘΗΜΕΡΙΝΗ ΤΟΥ ΝΟΤΟΥ
Se dall’Illuminismo, il Settecento ha mutuato
l’appellativo di “Secolo dei lumi “, il Novecento, persi i lumi, a causa delle
sue due guerre mondiali, merita a pieno titolo di essere apostrofato “Secolo
della barbarie”.
Il “sonno della ragione genera mostri”, tali sono da
considerarsi la Prima Guerra Mondiale del 1915- 1918, la Seconda Guerra
Mondiale del 1939-1945, il Fascismo, il Nazismo con i campi di sterminio
tedeschi.
Al disumano computo del “Secolo della barbarie “, vanno
sommate altre due orrende creature dell’oblio dell’umana ragione: il Genocidio
Armeno ed il Genocidio Pontiano. Il “Ponticidio” del 1916-1923.
Il teatro dei due eccidi è ubicato in Asia Minore e in
Anatolia, ad oriente del Mediterraneo. Luoghi lontani, ma che ci appaiono
familiari e geograficamente non estranei, non fosse altro che per essere tutti
bagnati dallo stesso mare ed avvicinati dalla comune Civiltà Mediterranea.
Il Nord dell’odierna Turchia, quella porzione della
regione che si affaccia sulla sponda Sud del Mar Nero (l’Euxinos Pondos) ad Est
di Costantinopoli, era la regione dei Pondi (il Pondo Eleusino), abitata fin
dall’età classica dai greci, per lo più concentrati nelle città di Sinope,
Samsun, Cerasous, Trebisonda.
Qui, il collasso dell’Impero Ottomano e la conseguente
transizione dal feudale Ancien Regime verso uno Stato moderno simile agli altri
Stati-nazione europei, vide materializzarsi lo scontro tra gli interessi del
movimento dei “Giovani Turchi” contro le legittime richieste di autonomia
politica e di riforme sociali dell’Intellighenzia Greca ed Armena.
Sotto la guida di Mustafà Kemal i “Giovani Turchi” in
origine motivati da idee riformatrici in campo sociale ed economico, idee
funzionali e coerenti alla nascita del novello Stato Turco, una volta scartate
ed accantonate le aspirazioni modernizzatrici, indirizzarono la loro politica
verso un ipernazionalismo che inevitabilmente si contrappose alle richieste di
autonomia politica ed alla legittima aspirazione all’autodeterminazione del
popolo Greco ed Armeno.
Il tallone dei militari turchi, sotto il ferreo comando
di Mustafà Kemal, poi “Ataturk”, si incaricò della risposta schiacciando i
movimenti nazionali borghesi Greco ed Armeno fino all’annientamento fisico dei
due popoli, essendo il braccio esecutivo il sanguinario Talat Pascià
materialmente responsabile della pulizia etnica e del genocidio Pontiano e
dell’attuazione della turchizzazione forzosa della regione, necessaria alla
creazione dello Stato Turco etnicamente omogeneo.
IL Ponto Eleusino, la terra dell’ospitalità, se si
accetta il probabile lascito etimologico dell’aggettivo greco classico“eleusi”,
ovvero “ ospitale “, divenne ad opera dei turchi, terra dei pogrom, di
persecuzioni, luogo di massacri e di deportazioni, complici anche la colpevole
disattenzione degli Stati europei affaccendati nella Prima Guerra Mondiale, e
l’inerzia dello Stato Greco.
Si stima, con buona probabilità per difetto, essere di
350.000 il numero dei Pontiani vittime del genocidio, il “Ponticidio” del
1916-1923.
Molteplici episodi di quel martirio sono testimoniati non
soltanto dai racconti delle famiglie Pontiane, ma sono confermati anche dalle
testimonianze di diplomatici austriaci e tedeschi nonché da filmati che li
immortalano nel documentario del maresciallo bolscevico Ucraino, Froudje, di
transito nel Pondo diretto ad Ankara per incontrare Kemal.
Proprio grazie a questi preziosi documenti, non possono
essere negati l’incendio di villaggi e la demolizione di chiese; non può essere
occultata la premeditata distruzione dell’Ellenismo Pontiano. La disgregazione
di intere comunità, tramite la deportazione prima e lo scambio dei superstiti
greci con la popolazione turca della Tracia poi, risultò in un totale di
1.221.849 profughi che ripararono in Grecia, e fu così che cospicua porzione
dello storico popolo Pontiano, erede di strutture politiche, capacità
imprenditoriali, vivacità artistica e letteraria, travasò il proprio prezioso
retroterra culturale nella società greca arricchendola e rafforzandola non solo
demograficamente.
In tal modo l’Ellenismo Pontiano, ben radicato nella
storia, non soddisfatto della mera memoria e delle testimonianze dei “salvati”
ha raccolto, negli anni, la forza e la determinazione di uomini e donne che
hanno cercato e preteso giustizia nonché riconoscimento politico e storico.
Oggi, le ultime generazioni dei Pontiani di tutto il
mondo, forti della ricostruzione storica dei fatti, consapevoli del diritto di
esigere di fronte a tutte le Nazioni il riconoscimento ufficiale dei crimini
commessi contro i loro progenitori, dopo che il parlamento greco il 24 febbraio
del 1994 ha riconosciuto il Genocidio Pontiano, possono consacrare e celebrare
il 19 maggio come Giorno della Memoria.
Allora anche in Italia, come in tutta la Calabria,
soprattutto quella ancora greca, il 19 maggio conviene accendere una luce, una
fiammella, che illumini contro ogni possibile risorgere della barbarie, per
scongiurare il “sonno della ragione”, per propiziare la lotta dell’umanità per
i diritti umani, per un Ecumenismo di Pace nel Mediterraneo. Perché, come ci
istruisce il Pontiano Professor Michalis Charalambidis: << Quando i
popoli sono vigili e mobilitati per la salvaguardia della vita e della dignità
umana, non esistono margini per nuovi olocausti.>>
ΔΕΝ ΞΕΧΝΩ 19 ΜΑΪΟΥ
Bruno Traclò.
Bibliografia
Michalis Charalambidis, Aspetti della Nuova Questione Orientale.
Richard Clogg, Storia
della Grecia moderna.
Georges Castellan, Storia
dei Balcani.